Carruggi e caffè
“E’ più bello di quanto immaginassi”
A Chiavari, “la città dei portici” della Riviera Ligure dove ci si sposta a piedi (o in monopattino), non accade mai di uscire di casa senza incontrare qualcuno e fermarsi a fare due chiacchiere, d’inverno al riparo dal freddo e d’estate nel benessere di un po’ di ombra. E le due chiacchiere oltre a diventare relazioni e trame di rapporti, per cui è come se ci conoscesse un po’ tutti, possono anche trasformarsi in fatti.
Siamo nel novembre del 2010, da pochi giorni sono tornata dall’Ospedale per la nascita di Nicola, il mio terzo figlio. Matteo, mio fratello, viene a conoscere il nipotino. Prendiamo un caffè in un magico momento di silenzio e intanto parliamo della nostra vita: lui proprio a Chiavari ha messo su una azienda, oggi leader mondiale nella tecnologia sportiva, ed io che ho bisogno di cambiare lavoro, ne approfitto per chiedergli un consiglio, un’idea.
E scopro che anche lui si sta ponendo delle domande che riguardano un aspetto particolare del suo lavoro: in azienda ha accolto O., un malato psichiatrico grave, e I., mandatagli dai Servizi Sociali; e poi anche D., un asso dei computer che è rimasto chiuso in camera per anni, con i suoi che gli passavano un vassoio con il cibo senza mai poter entrare. Mio fratello si è inventato delle mansioni per ciascuno di loro, ma capisce che non basta aprire le porte per aiutarli né può farsene carico lui, perché la sua l’azienda sta sfondando e lui deve iniziare a viaggiare per il mondo.
Nasce così, in quei pochi minuti, una idea: forse potrei seguire proprio io questi ragazzi che hanno bisogno di un aiuto, di qualcuno che stia loro vicino. Matteo dettaglia le loro fatiche: I. è stata tre giorni davanti ad uno schermo spento perché non aveva il coraggio di parlare e O. ha paura di attraversare le bussole antirapine della banca (ci è voluto un po’ per capirlo).
Il caffè oramai è freddo, il piccolo si sveglia, vuole essere allattato e Matteo deve scappare. Il seme però è piantato e lentamente inizia a prendere una forma. Sviluppiamo insieme un primo progetto con “Famiglie per l’Accoglienza”, associazione che sostiene famiglie con bambini in adozione o in affido. I giovani collaboratori di mio fratello, Nicola, Carlo, Pier, Riccardo, Mattia, Roberto, accolgono con entusiasmo questa possibilità perché anche loro vogliono davvero aiutare I., O. e D. Forse la nostra terra chiavarese è un terreno adatto a favorire la crescita di questa idea, di questa intuizione.
Accanto ai primi passi se ne fanno altri, che in alcuni casi prendono spunto da un dialogo in caruggio o in un caffè bevuto in uno dei bar sotto i portici. Si arriva a formulare un progetto chiaro e organico che coinvolge altre persone e nel 2014 @labora diviene associazione. Si cercano lavori adatti a tutti e, a forza di chiedere, di muoversi insieme nel tentativo di trovare risposte ai problemi che via via si pongono, oltre 30 aziende si rendono disponibili per i ragazzi.
Da allora i ragazzi ai quali negli anni abbiamo dato una mano all’accompagnamento nel lavoro si sono sentiti parte di una nuova famiglia come è diventata per chi vi partecipa la nostra Associazione.
Mio figlio Nicola oggi ha undici anni e io sono cresciuta e cambiata assieme a lui; quando camminiamo per Chiavari sbuffa: “Mamma! Siamo in ritardo. Ma conosci tutti?”….Non tutti, ma mi fermo sempre a parlare con qualcuno che per me è speciale e che può capitare – come è già capitato – che diventi un compagno di cammino.